Gli Invisibili delle periferie Volti e vite devastate dalla droga

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  1. CignoNero75
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    CITAZIONE
    DIMENTICATE l'epica, oscura e appassionante, di Romanzo criminale. Le avventure di malviventi e maxispacciatori, raccontate tra miserie e splendori: ragazzi giovani e belli che si muovono in un mondo fatto di armi, coca e belle ragazze. Mettete da parte tutte queste immagini, relegatele in un angolo della vostra memoria cinematografica. Perché Pezzi, il docufilm del fotografo e regista trentacinquenne Luca Ferrari, racconta il rovescio della medaglia, le vite spezzate degli ultimi, e più sfortunati eredi di quella Roma lì. Gli abitanti dei palazzoni di periferia che vivono un'esistenza da tossici, pusher, rapinatori occasionali. Una vita fatta di degrado, carcere, rapporti umani devastati (per quanto forti). E che - come sottolinea l'autore della pellicola - "al contrario degli accattoni di Pasolini, che erano in un certo senso dei 'puri', sono stati rovinati e devastati dal mare di cocaina, eroina e psicofarmaci che ha invaso i loro quartieri". A partire dagli anni Settanta, coma il romanzo di Giancarlo De Cataldo e la serie tv collegata ci hanno raccontato.
    Un universo di disperazione che sopravvive ancora
    adesso. Popolato da un'umanità dolente, appassita, scomposta. Invisibili che si muovono nella città, prigionieri di se stessi, della droga, delle zone poco vivibili in cui abitano. Noi non vogliamo vederli, loro fanno di tutto per non farsi vedere. Ma quando si svelano, come accade qui, suscitano in chi guarda un'immensa pietà: il sentimento forse più forte, insieme al disagio, che provoca la visione (in anteprima per Repubblica.it) del documentario, che sarà di scena al prossimo Festival di Roma (9-17 novembre), in concorso, nella sezione "Prospettive Italia".
    A fare da filo conduttore di questo viaggio nell'inferno dantesco nell'"altra" capitale è un quartiere romano che si chiama Laurentino 38: un gruppo di palazzoni sotto una serie di ponti, e intorno quasi il nulla. Un tempo feudo di uno dei componenti della Banda della Magliana, Claudio Sicilia. Lui non c'è più, restano le conseguenze di quella stagione. Incarnate in qualche modo dal protagonista del film, Massimo Grisanti, detto "Er Pantera". Quarantotto anni, 24 dei quali trascorsi tra carcere minorile e galera per vicende di armi e droga, gestisce un bar sala giochi chiamato "bisca", con la sua compagna Bianca. Uno dei fratelli di lui, spacciatore di eroina, è stato ucciso da un colpo di pistola alla testa; mentre lei (due anni di carcere all'attivo per spaccio di cocaina) ha avuto il marito morto ammazzato.
    La vita della coppia - tra urla, litigi e qualche momento di relativa calma, o di vaga tenerezza - è scandita dalle "botte" di coca che condividono. Lui, soprattutto, è un amante appassionato della polvere bianca: in una delle scene più forti del film descrive, con minuzia da filologo, la differenza tra i vari tipi ("a spina di pesce, mandorlata, al cherosene, al piscio de gatto"). Ma la droga, insieme ai lutti e ai drammi familiari, è ciò che accomuna tutti i personaggi che vediamo sullo schermo. Tra loro il ventinovenne Stefano, tossico da quando ne aveva 13, ai domiciliari dopo dieci anni a Rebibbia, con la madre Rosy malata di cancro; la cinquantanovenne Giuliana detta Mamy, nove anni in carcere e il trauma mai superato del figlio tossico morto in un incidente stradale.
    Un mondo isolato, nascosto, che il regista - fotoreporter trentacinquenne, con alle spalle anni di lavoro in Gran Bretagna - ha raccontato con efficacia solo perché è riuscito ad entrarci dentro. Come racconta a Repubblica.it: "Ho cominciato a girare nelle periferie romane nell'estate 2009, dopo essere tornato dall'Inghilterra. Ho girato a Corviale, a Tor Bella Monaca. Ma è su Laurentino 38 che mi sono soffermato: mi hanno fatto entrare in una baracca, ho cominciato a frequentarla, e lì ho conosciuto Stefano. Dopo parecchio tempo ci conoscevamo così bene che hanno accettato di farsi riprendere da me". E più andava a fondo nelle vite sconnesse di queste persone, più aveva la sensazione, come rievoca adesso, "di guardare un mondo che in qualche modo rappresenta l'eredità di Romanzo criminale. Le serie tv le ho amate: ma lì i protagonisti erano tutti fighi, qui invece vediamo i veri volti che abitano questi mondi invisibili".

    FONTE: repubblica.it

     
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0 replies since 6/11/2012, 08:25   170 views
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